Polverificio Randi
Archeologia industriale nella Bassa Romagna
Storia del Polverificio Randi
Giuseppe Randi (1889-1954)
Pochi mesi dopo la diatriba sindacale con gli operai, Pietro Randi si ammalò e morì, forse anche a causa del continuo stress fisico e psicologico. Era il 27/11/1908.
Alla morte di Pietro subentra nella direzione tecnica il figlio Giuseppe. Questo contribuisce alla massima continuità della ditta che coi propri prodotti riscuote notevoli consensi non solo in Italia ma anche all’estero.
Un attentato
La tranquillità quotidiana ebbe un sussulto nel 1918 per un fatto doloso verificatosi il 13 agosto (illustrato da Beltrame nella “Domenica del Corriere” anche se in modo un po’ fantasioso), allorquando un valoroso brigadiere dei carabinieri, durante una perlustrazione, riuscì a neutralizzare un ordigno con miccia fumante posto nei pressi di un deposito di polveri già pronte per la spedizione. Tale carabiniere fu decorato con la medaglia d’oro al valor militare, si chiamava Martino Veduti.
“[…] l’episodio che porterà Veduti sulla copertina della Domenica del Corriere avviene la notte del 14 agosto 1918, quando il sottoufficiale, alla testa di quattro carabinieri, riceve l’ordine di intensificare la vigilanza del polverificio Randi di Lugo, dove erano depositati 350 quintali di polvere da cannone e 25 di fulmicotone. Durante l’attenta perlustrazione, il silenzio viene rotto dal fruscio di una siepe e dal rumore di passi di corsa: Veduti esplode due colpi contro il bersaglio e lancia i suoi uomini all’inseguimento del fuggitivo poi torna verso il deposito per rendersi conto dell’accaduto. Il generale Barbonetti pubblica la verbalizzazione dell’eroico brigadiere: “Udii -scrive Veduti- un soffio accompagnato da acuto odore di polvere in combustione e contemporaneamente urtai contro un oggetto che prese a ruzzolare lungo una breve scarpata. Fermatolo con un piede scorsi una vivida piccola fiamma bluastra. Avuto subito l’impressione che doveva trattarsi di un ordigno esplosivo e resomi conto dell’imminente grave pericolo che rappresentava lo raccolsi senza indugio e cercai di strappare con le mani i 15 cm di miccia non ancora bruciata; non essendovi però riuscito perché la miccia velocemente si consumava tra le mani ustionandomi le dita e molto forte era il suo attacco all’ordigno, la strappai con i denti vicino al punto dell’innesto e lanciai poi lontano l’ordigno, siccome non ancora ben certo di averlo inutilizzato” sarà il Re con “motu proprio” a concedergli la medaglia d’oro al Valor Militare per essersi precipitato da solo in una polveriera con grande quantità di munizione ed esplosivi destinati al fronte ed aver strappato con i denti la miccia accesa da “pacifisti” locali che operavano a favore degli austriaci (Aldo Viroli da La Voce del 16 febbraio 2013)”
Il primo incidente
Passati appena tre mesi dallo scampato attentato, il 16 novembre 1918 alle 8.30 del mattino avvenne una forte esplosione nello stabilimento adibito esclusivamente alla produzione degli acidi. Pesante il bilancio: 4 morti e un ferito grave.
“Lo scoppio alla Polveriera di Villa S. Martino. Ieri mattina alle ore 8.30 un formidabile scoppio scuoteva ‘aria intorno alla nostra città , facendo tintinnare i vetri. Era saltato in aria, non per causa dolosa, ma per incidente non ancora precisato, un piccolo reparto del polverificio di Villa S. Martino. Sul posto di trovarono tosto le autorità governative e municipali: sopraggiunsero anche pompieri in automobile. Le 4 operaie Gasparri Clara e Madri Alcea di Bagnara – Poletti Maria e Bertini Albina di Lugo perdettero la vita: rimase inoltre gravemente ferito il soldato di sentinella Errani Giovanni di Lugo. Il terreno intorno era seminato di rottami per un raggio di 500 metri. Anche ad Imola si ebbero finestre spalancate e sensibili scuotimenti di porte.” (La vedetta del 17-11-1918)
Dopo questo grave incidente venne abbandonata la produzione degli acidi in quanto ritenuta troppo pericolosa.
La tragedia
Ma la vera tragedia è avvenuta Il 6 agosto 1925 in uno spaventoso scoppio nel quale morirono Emma Randi (figlia di Pietro senior), quindici operaie e Pietro Girolami, Guardia di Finanza. Si ipotizzò allora che la scintilla fosse scoccata all’interno del “buratto” della selezione, dopo che le operaie avevano trasferito la “randite” dai telai di essiccazione al serbatoio di dosaggio.
“Come avvenne l’incendio? L’incendio divampò qualche minuto dopo le ore 16 del giorno 6 corrente. Sulle cause che lo hanno determinato, dice una relazione della Ditta Randi, è arrischiata qualsiasi affermazione, essendo stato l’incendio di una rapidità fulminea, ed essendo deceduti tutti i presenti. Le cause possono essere state tante, ma la più verosimile è che un corpo estraneo, ad esempio la capocchia di un fiammifero, o qualcosa di simile, si trovasse casualmente in mezzo alla polvere. È accertato che l’incendio ebbe inizio dentro al buratto intorno al quale stavano lavorando le operaie per mettere la polvere in cassette. Una circostanza fatale va rilevata: accade si e no una volta al giorno, ed appena per qualche secondo, che tutte le operaie, la persona che sorveglia il lavoro e l’agente di finanza si trovino riuniti insieme in un brevissimo spazio. La fiammata infernale è divampata proprio in uno di questi istanti fugaci investendo orribilmente tutte le presenti. Si deve poi al pronto e coraggioso intervento del proprietario sig. Tullo Randi e del guardiano Buldrini Giuseppe se l’incendio non si propagò a tutto il fabbricato e al deposito di esplosivi, nel qual caso il disastro avrebbe assunto proporzioni ancor più enormi” da Il messaggero 32-33 del 1925”
“A Villa S. Martino, nel 1925 l’esplosione del polverificio Randi. Il giornale La vedetta, settimanale repubblicano di Lugo, dava questo resoconto sul numero del 9 agosto: “Verghiamo con la mano tremante queste righe di cronaca, esterrefatti e doloranti per la sciagura che ha colpito la nostra città ed ha improvvisamente troncato la vita di tante buone e care persone. Giovedì alle ore 16.30 giungeva rapida la notizia di uno scoppio nella fabbrica di polveri piriche di proprietà dei fratelli Randi in frazione Villa S. Martino. Appena la campana dell’orologio ebbe dato i primi segnali d’allarme i nostri pompieri si portarono prontamente sul Lugo del disastro, mentre autorità e cittadini accorsero con ogni mezzo. Subito apparve agli occhi di quanti poterono avvicinarsi la gravità della sciagura. Una notevole quantità di polvere s’era incendiata e tutte le 15 operaie ed una guardia di finanza erano state avvolte dalla vampata di fuoco che le aveva trasformate in fiaccole ardenti. La scena infernale che si svolse in quel brevissimo tempo era straziante e terrificante. Le disgraziate, tra le quali la figlia del proprietario Emma Randi, s’erano messe a fuggire al di fuori di due che caddero sul posto, uccise subito. Le fuggenti, quasi completamente denudate dalla vampata di fuoco, sanguinando e urlando si buttarono verso l’uscita, sperando di raggiungere la salvezza in una piccola vasca vicina, ma quasi nessuna riuscì a raggiungerla, ed una dopo l’altra le infelici caddero a terra dibattendosi tra atroci spasimi. Emma Randi fu soccorsa dalla guardia di finanza che era presente: vedendo la donna investita dalle fiamme aveva tentato di soccorrerla ma il fuoco s’era appiccato anche a lui, che ben presto avvampò come una torcia. I feriti soffrivano terribilmente e chiedevano continuamente acqua. Ma ogni sforzo era vano e in pochissimo tempo le sedici vittime erano ridotte a informi tronchi. Sulle cause del sinistro si hanno diverse versioni e non è al momento possibile ricostruire la tragedia. Nel momento della sciagura le operaie stavano trasportando i telai carichi di Randite all’aia fin sotto la tettoia. Qui i telai venivano depositati per qualche minuto finché la polvere scottata dal sole si raffreddasse; poi veniva versata in uno speciale serbatoio dal quale poi passava attraverso un piccolo sportello d’ottone, nei vari contenitori. Da questi contenitori, infine, la Randite veniva passata nel Buratto, dal quale usciva bella e pronta per essere portata nella sala della confezionatura. La tragica notizia sparsasi rapidamente in città produce il più profondo senso di dolore e di raccapriccio. La camera ardente preparata dall’ospedale è stata meta di migliaia e migliaia di cittadini. Tratto da Il romagnolo 23, agosto 2004.”
L’attività continua
Dopo il gravissimo incidente, l’attività lentamente riprese la normalità e seguendo l’esempio di altre ditte che già avevano immesso sul mercato polveri laminate e gelatinizzate, più moderne delle granulari fino ad allora prodotte, anche Giuseppe Randi pensò ad un rinnovamento della produzione. Con un metodo esclusivo da lui ideato, che effettuava gran parte della lavorazione in immersione d’acqua e con macchinari in maggior parte di sua progettazione, e con altri appositamente modificati, immise sul mercato la Balistite Compensata.
La guerra
In vista della guerra, in data 18 settembre 1943 il Ministero dell’Interno con ordine di emergenza ordinava la chiusura dei locali, l’immobilizzazione dei macchinari, la chiusura dei depositi e la consegna di tutte le chiavi all’arma dei carabinieri della giurisdizione. Tale ordine fu eseguito tempestivamente e il polverificio in tale data cessò ogni attività. Con la guerra venne l’occupazione tedesca, la devastazione delle bombe, le granate, il vandalismo degli occupanti che ridussero lo stabilimento ad un ammasso di rovine, opera completata la notte del 9 aprile 1945, vigila della liberazione, con un bombardamento a tappeto che distrusse con un incendio quel poco che ancora rimaneva completando così la distruzione dell’intera attrezzatura. Al termine della guerra i macchinari in parte erano stati asportati, in parte devastati o danneggiati, i fabbricati quasi totalmente distrutti o danneggiati e la polvere confezionata e conservata fino al 1944 (71,30 quintali) interamente razziata dai tedeschi e trasportata di notte su tre autocarri. Le condizioni finanziarie della ditta erano preoccupanti per l’impossibilità di riprendere l’attività.
La ricostruzione
Dopo tanta tragedia si presentava il dilemma: abbandonare definitivamente trasformarsi in azienda agricola, oppure impegnarsi in un difficile ricostruzione. Prevalse la seconda opzione.
Giuseppe Randi, con grande determinazione, si rimise all’opera e, con l’aiuto delle banche, con la collaborazione del socio, dei fondatori, operai e familiari, iniziò l’opera di ricostruzione, ampliamento e ammodernamento riportando l’azienda in uno stato di vigorosa piena attività. A questa ripresa contribuirono pure l’ottimo successo della nuova polvere 3K.
Un terzo incidente
Il 2 settembre 1952 vi fu un incendio che interessò tre operaie e che, ironia della sorte, portò alla morte dell’unica persona che non avrebbe dovuto trovarsi in quel luogo (essendo momentaneamente libera dalla propria mansione, vi si era recata per dare una mano alle due colleghe incaricate) si chiamava Maria Savioli.
“Una donna bruciata viva nell’incendio di un polverificio. L’altro giorno nel polverificio Randi, a Villa S. Martino di Lugo, si è improvvisamente sviluppato un incendio in alcuni telai contenenti polveri da sparo per fucili da caccia, polveri che erano state esposte all’aria aperta perché asciugassero. L’incendio ha provocato un panico generale nelle operaie addette ai lavori. La cinquantaquattrenne Maria Savioli fu Antonio, abitante a Lugo in via Provinciale Bagnara, nel tentativo di fuggire è stata raggiunta dalle fiamme che si sono appiccate ai suoi abiti. Sono prontamente intervenuti alcuni presenti fra i quali i proprietari del polverificio, che hanno portato soccorso alla donna e hanno provveduto a spegnere con estintori le fiamme. Purtroppo la Savioli, che è stata trasportata all’ospedale di Lugo in gravissime condizioni per le ustioni subite in tutto il corpo è deceduta nel tardo pomeriggio. L’incendio sembra sia stato provocato da un’autocombustione delle polveri o da una scintilla proveniente da un camino di una casa vicina.”

Entrata e corte del polverificio anteguerra

Prato per l’essicazione naturale con addetti al lavoro

Zona dove avvenne lo scoppio

Vuotatoio molto simile a quello in cui scaturì l’incendio-scoppio, vi venivano versati i telai e la polvere veniva convogliata nelle casse di legno.

Immagine del polverificio dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale

Immagine del polverificio dopo la ricostruzione ad opera di Giuseppe Randi
Edifici per varie lavorazioni laminate
