Polverificio Randi
Archeologia industriale nella Bassa Romagna
Storia del Polverificio Randi
Il Contesto storico
Al centro della bassa pianura romagnola, in un paesaggio formato in parte dall’antica centuriazione romana con nuclei agricoli diffusi, ed in parte da antiche bonifiche, la città di Lugo si caratterizza come il mercato agricolo e zootecnico più importante del territorio. Il paesaggio nell’Ottocento è composto ancora da zone vallive, prati, una estesa rete di canali, vari paleo alvei e terre vecchie appoderate da aziende mezzadrili e piccole proprietà, con il sistema della piantata. Molti viaggiatori stranieri ricordano la sua fiera, che si svolge in settembre, ad esempio l’austro-ungarica Guida Artaria, del 1832, così recita: “a Lugo si fa buon commercio, il mercoledì, di grano, di lino, di canapa; grande fiera dal 1 al 30 settembre”. Proprio perché città-mercato, Lugo si caratterizza per la molteplice diversità dei suoi opifici, che si concentrano nella zona della stazione e a Villa S. Martino. Sono presenti, nel 1888, fabbriche di sapone, di candele, di carri, officine meccaniche, le prime cantine vinicole e due grandi manifatture di cordami di canapa, che esportano i loro prodotti in America: la Società Anonima Cooperativa, con 139 operai e quella dei fratelli Valvassori, con 200 operai. A Villa S. Martino si insediano prima la ditta Toschi, che produce armi, poi il Polverificio Randi, che produce la prima polvere da sparo senza fumo, e i cui fabbricati, ancora esistenti, costituiscono un complesso di piccoli edifici isolati, molto originali per la loro atipicità insediativa.
Pietro Randi e la Randite
Pietro Randi nacque a Lugo il 6 maggio 1854. Le sue grandi passioni erano la caccia e il tiro al piccione, specialità nella quale eccelleva a livello nazionale. Randi, dopo studi, prove ed esperimenti che si protrassero per un paio di anni, nel 1888 presentò una polvere da caccia (la prima polvere senza fumo fabbricata in Italia) che chiamò Randite. La suddetta polvere trovò subito un favorevole accoglimento da parte di tiratori e cacciatori che non esitarono a consigliare al suo inventore l’impianto di una attività per la produzione della polvere a scopo commerciale [...]




Archeologia industriale
E' la disciplina che indaga sull'incidenza dell'industrializzazione nella società e soprattutto nel territorio, con ricerche basate, principalmente sulle tracce materiali, specialmente architettoniche, relative alla trasformazione dello spazio del lavoro (stabilimenti e infrastrutture industriali: manifatture, opifici, arsenali, fornaci) e sulla loro catalogazione al fine di una eventuale conservazione.
In certi interessanti e meritevoli casi, strutture industriali (officine, opifici, ecc.) sono stati in questi ultimi decenni riscoperti, restaurati e rivalutati in modo da divenire contenitori per centri studi e poli museali, centri commerciali o espositivi, ecc.
Si ritiene che l'archeologia industriale possa avere in futuro un sicuro sviluppo. Questo presupposto muove dalla considerazione che tanto in Europa quanto nelle Americhe si assiste ad un sempre maggiore interesse per gli aspetti dell'industrializzazione che vengono - con il passare del tempo - visti in chiave maggiormente storica. Lo stesso rilievo che sempre più si è dato in questi ultimi anni alla creazione degli Ecomusei come quello sull'Adda, ne è un'ulteriore conferma essendo questi spesso collegati, nei maggiori centri urbani o nei loro pressi, alla rivalutazione ed alla divulgazione alle giovani generazioni della primigenia fase di industrializzazione conserviera, tessile, metalmeccanica, che contraddistingueva comunemente quelle zone in un passato non ancora remoto.